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2.11.1901. Verso la via Appia per vedere «i dintorni di Roma». Ai margini della città, il Palazzo del Laterano ce ne ha distolto. E vicino, la madre di tutte le chiese. I mosaici bizantini nel Coro, due stupendi cervi. Dopo questo antipasto, al museo cristiano del Laterano. Scultura in stile ingenuo di elevata bellezza, che consiste nella forza dell’espressione. L’effetto di queste vere imperfezioni non trova un fondamento intellettuale, eppure ho per esse maggior comprensione che per le più apprezzate meraviglie dell’arte. Nella musica mi è già successo qualcosa di simile. Non voglio, naturalmente, parlare da snob. Ma sono passato davanti alla Pietà nella basilica di S.Pietro senza che essa lasciasse in me alcuna impressione, mentre resto incantato davanti a un qualsiasi vecchio Salvatore.
Anche negli affreschi di Michelangelo qualche cosa di spirituale sovrasta l'arte. Il movimento e la muscolatura sono più che pura arte. Devo questa capacità di apprezzare la forma alle impressioni destate dall’architettura. Genova: San Lorenzo. Pisa: il Duomo. Roma: S. Pietro. La mia sensibilità è spesso in forte contrasto col Cicerone di Burckhardt.
Che, dopo aver visto Michelangelo, odi il barocco, può spiegarsi con l'essermi accorto di quanto io stesso finora fossi immerso nel barocco. Nonostante il riconoscimento che la nobiltà dello stile va perduta per la perfezione dei mezzi (con l’unica eccezione di Leonardo), mi sento risospinto verso quello stile nobile senza esserne convinto. Ardire e fantasia sono fuori di posto, ora che sono e devo essere un apprendista.
Poi siamo capitati, anziché sulla via Appia, sulla Via Latina, dove, in un’osteria, ci attendeva un buon pranzo (75 centesimi compreso un quarto di vino). Se ne sono saziati grazie a me anche due gatti, e un cane grazie ad Haller, animato pure pure in questo da un certo spirito di contreddizione. Il paesaggio attorno a queste osterie è incantevole. Se ho da creare come già so fare, devo venire qui con una lastra per incisioni.
Via vai di muli su queste strade classiche. Il carattere di sobborgo. Le mescite e le osterie. L’orrore a veder maltrattare gli animali.
Siamo ritornati in città per la Via Appia, che prima non eravamo riusciti a trovare. Cercandola, eravamo capitati in una villa semidiroccata, in cui si era annidato un pastore. Alle greppie muggiti, alle pareti “agnelli” scorticati. Fra le muraglie sibilava il vento. Io disegnai l'edificio, Haller fece, lì vicino, un acquerello, con la sua urina, in mancanza di acqua.
Come il popolo sa adattarsi anche nelle rovine! Le croci sui vecchi templi.
Ancora una volta entrammo in un osteria, prendemmo un gotto di vino, mezzo litro per 30 centesimi, e un formaggio di capra, per riprendere poi, ristorati ma stanchissimi, il cammino verso casa.
Siamo disposti a non vederci smontare da nulla, però il clima non è sempre facile da sopportare. Il sole è pungente, il vento impetuoso. Le giornate piovose sono opprimenti. Malgrado il bel tempo fa proprio freddo («tramontana») specialmente di notte. Penso con paura al gennaio, se guardo attorno nella mia grande camera e non vedo una stufa.