Questa stella insegna a piegarsi
Questa stella insegna a piegarsi 1940 344 (F4), Dieser Stern lehrt beugen 37,8 x 41,3 cm
colori a colla su carta, collezione Felix Klee Berna © Zentrum Paul Klee, Bern, Image archive
Un caro amico ha fatto emergere dai ricordi questo foglio a colori del 1940. Ha la chiarezza e l’incisività di un pittogramma e un titolo intrigante: Questa stella insegna a piegarsi. La sua emozione nel parlarne, la meraviglia, il racconto di come lo avesse colpito al primo sguardo mi ha scosso dallo scoramento intellettuale nel quale versavo. Anche per rispetto verso le informazioni che ho raccolto è necessario che ricominci a scrivere del lavoro di Paul Klee, non con la pretesa di affermare alcuna verità assoluta ma con la pazienza di chi lavora per verificare la bontà di una chiave di lettura da porre alla base di una ricostruzione storica.
Difficile aggiungere qualcosa ai lavori degli ultimi anni di Klee. Alessandro Fonti, ad esempio, nel suo studio sui titoli a tema angelico ha scelto di non scrivere che poche righe a commento degli Angeli dal 1936 in avanti. Con il 1935 e i primi sintomi della malattia che lo porterà alla fine ci inoltriamo nel periodo del Requiem, come lo definì il vecchio Grohmann. L’astrazione pura non dovrebbe ammettere commento. Ma la poetica di Klee è fatta di cristalli impuri, composti in uno stile «astratto nei ricordi». Questa stella insegna a piegarsi è limpido esempio di quel canone. Ha quindi senso che vi proponga quelle che credo siano le tracce dell’umano, le venature di narrazione che la nostra conoscenza del pittore ci permette di riconoscere anche nei suoi fogli più rarefatti.
Nel 1940 la malattia lo stringe sempre più in una morsa; i suoi tratti, seppur immancabilmente esatti come una partitura, si sono fatti spessi e radi. Il “grazioso” ha abbandonato i fogli di Klee, e non è un fatto senza conseguenze. È cittadino tedesco espatriato a Berna, in cima alla lista degli artisti degenerati, odiato dalle SS, alle grinfie delle quali è scampato per miracolo. Rischia ancora un rimpatrio coatto. Sta cercando di ottenere la cittadinanza svizzera e il tenore generale dei suoi quadri è argomento centrale nei verbali della commissione che deve concedergliela. “Questo è un artista schizofrenico”, è scritto in certe recensioni alle sue ultime mostre, e nessuno vuole dare cittadinanza a qualcuno che andrebbe poi mantenuto a vita nei loro manicomi. Sappiamo come si concluderà la vicenda: la cittadinanza concessa il giorno stesso della sua morte.
In quegli anni il grado di purezza dei suoi cristalli di significazione aumenta. Ma la formula poetica non cambia. La fusione tra opera ed esistenza spirituale va mantenuta nella sua tensione assoluta. «Le tue prime creazioni appartengono a un passato lontano: giustificalo, ma non con parole.» Così lo tormentava il demone del frammento 692 dei Diari, e nel 1940, 35 anni dopo, nulla è cambiato. Resto fermamente convinto che per Klee ogni foglio sia il luogo della tenuta dell’intera opera, di un gesamkunstwerk in 10.000 quadri. La metalogica che sottende apparato mitologico privato, teoria della forma e biografia spirituale è la dimensione creativa autentica in cui si compie, quadro dopo quadro, anno dopo anno, il lavoro di Klee.
Di fronte a un foglio che per tema ha il dominio di un astro la mia mente corre al frammento 564 dei Diari. È l’estate del 1904, e Klee ha solo 25 anni. Si aggira senza pace nei dintorni di Berna. Come in Questa stella insegna a piegarsi vi troviamo descritti il sole, le anse di un fiume e un gesto di obbedienza.
564.
Avrei avuto bisogno di avere la testa fresca e ora mi è capitato dal cielo un intermezzo veramente tropicale. Andavo vagando senza pace. Un giorno mi sono trovato improvvisamente in riva all’Aare. Quale visione, quell'acqua impetuosa, verde come lo smeraldo e la sponda dorata dal sole! Mi pareva d'essermi destato da un sogno violento.
Già da molto non avevo avuto più occhi per quel paesaggio. E ora esso mi si presentava in tutta la sua impressionante magnificenza. Avevo dovuto, avevo voluto farne a meno! Una vita di meditazioni, severa e priva degli stimoli del sangue bollente, perché così vorrò. Oh sole, tu mio sovrano!
Non è ancora giunto il momento, non è ancora dipanata la matassa di lotta e sconfitta. Ancora ci sono paludi. Miasmi salgono e si addensano fra me e il cielo stellato, una pioggia di dardi contro di me.
Questa stella insegna a piegarsi racchiude in sé una scena di natura duplice, la tipica fusione kleeiana tra esteriorità e interiorità, sintesi grafica tra natura e spirito. Il primo livello di lettura della scena è esteriore: un sole e un fiume flessuoso come l’Aare, sulla riva del quale una figura si inchina. Il grado di astrazione di quest’ultimo elemento, l’inchino che una figurina ridotta a tratto sovrastato da un punto rivolge verso il sole, ci rivela quanto profondo sia stato il cambiamento che 35 anni di pratica creativa hanno portato nella visione kleeiana. Lo sguardo del pittore, in fin di vita nei giorni in cui il quadro è dipinto, fonde il ricordo dell’episodio iniziatico del 1905 con la portata di una intera vita di ricerca formale. Il contenuto poetico di Questa stella insegna a piegarsi è commovente: l’artista prende commiato dal sole, dal quale ha imparato a dipingere, e nella nuova forma di sé stesso – non più uomo come specie ma punto cosmico ricavato attraverso la sua stessa arte – saluta, ringrazia e se ne va.
Vediamo nei dettagli gli elementi della mia ricostruzione. Un’astro domina la scena. Nella condizione esteriore questo astro è il sole. È all’origine della forma, come noi la riconosciamo in natura. Niente sole, niente luce. Niente luce, niente forma. Il frammento ci parla del sole in una specifica accezione. È l’origine dell’energia luminosa, quella forza che è incomparabile per un artista figurativo, essenza del valore assoluto del mondo visuale, che a Klee parve quel giorno di poter vedere e toccare, come un’apparizione, nel cuore luminescente del ribollire delle acque dell’Aare e nella riva abbagliante. Il valore dell’emozione estatica è tale da fargli pronunciare voti di imperitura fedeltà, alla cui dedizione tutto è sacrificabile. Solo la fede vive in me, creando. Il calor bianco della fusione alchemica gli appare nella dimensione visibile del reale. Questo è il senso dell’intermezzo tropicale capitato dal cielo, una delle prime esperienze iniziatiche che si collocano alla base della via kleeiana alla teoria della forma.
Un esempio schematico di presupposto puramente figurativo alla figurazione
In Esperienze esatte nel campo dell’arte, TFF pag 75
Il sole è fonte del «presupposto figurativo», origine di ciò che è mondo visuale. Ma i paesaggi di Klee sono sempre congiunzione di un’esperienza esteriore con un paesaggio interiore. Nel 1905, l’anno del frammento dei Diari al quale ci siamo appena riferiti, tutto sta per cambiare. Klee è vicino alla rivoluzione dimensionale prospettica del 1908 raggiunta in un quadro come Dal balcone, l’acquarello su vetro che sancisce la liberazione dai limiti. Non ha ancora gettato il ponte tra interiorità e esteriorità, ma presto lo farà. Presto passerà a lavorare, in un’infinita serie di esperimenti tecnico pittorici, riducendo la luce a espressione di energia. Il sole quale stella che domina, simbolo dei vincoli materiali e spirituali contro i quali Klee lotta per tutto il tempo della sua lunga età di formazione, è solo un precursore dal quale emanciparsi. Ancora pochi anni e al sole come fonte del mondo visuale esteriore verrà giustapposto il «grau-punkt», il punto grigio, luogo del Kosmogenetische Moment, il momento cosmogonico dal quale dare vita nelle profondità dell’essere al proprio personale cosmo formale, nato su modello della natura esteriore e suo superamento, luogo mentale che è origine della nuova patria dove non lo portò alcun seno materno.
La descrizione del «grau-punkt» nel quaderno Gestaltunglehre als Begriff 1, pag 1/15 e 1/16
http://www.kleegestaltungslehre.zpk.org/ee/ZPK/BG/2012/01/01/016/ © Zentrum Paul Klee Bern
Laggiù, nel profondo, dove energia psichica ed energia luminosa ritrovano un luogo comune di origine, Paul Klee potrà compiere la ricerca di base che porta alla Teoria della Forma. Da quel luogo mentale tutto è scaturito. Quell’astro ha fornito il modello per imparare a dare alla linea la forma giusta e alla propria esistenza un nuovo destino.
Questa stella insegna a piegarsi è una sintesi pittogrammatica che ribadisce il valore di un accadimento iniziatico. Insieme alle altre stazioni della mitologia privata di Klee è pietra fondativa, parte del cristallo significante alla base del proprio universo poetico. Il quadro è anche un momento di congedo dal mondo, una testimonianza di pietas per la condizione umana che è in procinto di abbandonare.
Il sole è stato maestro e fonte di energia vitale per tutto il suo progetto creativo, e modello per il principio concettuale dal quale far ricominciare la nuova esistenza spirituale. Lo vediamo appena sotto, a sinistra, un cerchio con al centro un asterisco: il grau-punkt. Se avete letto le mie pagine sul grau-punkt kleeiano sapete che in esso si cela il luogo di contatto della dimensione psichica con il punto d’origine della forma. Da quel punto egli crea, cominciando dall’essere egli stesso caos. È il punto dal quale è rinato dopo essere disceso sino alla dissoluzione dell’Io: la sua nuova, autentica, cellula primordiale di pittore astratto.
Il grau-punkt è il luogo dove la forma giace prima di venire alla luce, in forma di grigio adimensionale, ma è anche il luogo interiore dal quale l’energia psichica sgorga ancora indistinta. Da esso il punto prende le mosse e dà vita alla linea, dando vita al mondo grafico, ma è anche origine della sua nuova esistenza spirituale emancipata dai vincoli. La linea curva che vediamo al centro di Questa stella insegna a piegarsi si piega e si dirama, così come la figurina astratta alla base del foglio piega la schiena e si adegua alla legge dettata dall’astro che domina la scena. È l’uomo che Klee è diventato nella sua opera: non più specie ma punto cosmico. La legge di fronte alla quale si inchina è la legge inesorabile che è in lui. Questa sola è ora il vero sole sovrano al quale ha consacrato la vita. Al sole che era simbolo della sua esistenza da imprigionato Klee ha sostituito un principio interiore, un altro sistema di leggi: quelle che danno vita alla forma così come colte nel profondo di sé, le leggi ricavate lungo un’intera vita di meditazioni, severa e priva degli stimoli del sangue bollente, fatta di esperimenti quotidiani nel campo dei mezzi rappresentativi tecnici. La sostanza di questi è l’energia luminosa interiore, il soggetto la sua stessa esistenza spirituale, tratteggiata giorno dopo giorno con l’attenzione di un sismografo della psiche, come precisato da Glaesemer.
Nell’anno di Questa stella insegna a piegarsi la matassa di lotta e sconfitta è stata da tempo dipanata: la scrittura delle fondamenta della legge per la figurazione e la corrispondente rigenerazione dell’Io si chiudono con i Diari nel 1918. Sono da tempo trascorsi anche gli anni del Bauhaus, quando ha cercato di offrire tutto sé stesso a una comunità di creativi e di studiosi, nella disperata ricerca di un popolo. Ora, nel 1940, siamo di fronte a uno degli ultimi lavori messi a catalogo: Oeuvrekatalog 344 F4, solo una ventina di righe prima delle due fatali Case gialle che vi verranno ascritte quale sigillo. Ci troviamo negli ultimi giorni del periodo Requiem, abbiamo detto. Il tema mozartiano domina con i suoi colpi di timpano questi ultimi anni. Klee ne è tormentato. Dovrà restare incompleta la sua opera in 10.000 quadri, così come il Requiem dell’amato Mozart?
Nel timore che ogni organismo vivente prova di fronte alla fine, provato nel corpo ma non nello spirito, le sue arti metalogiche sono chiamate all’opera. Molti lavori fondamentali vengono a chiudere i ragionamenti ancora non espressi sino in fondo. Poiché tutto non sia che autobiografia i fili pendenti della sua opera infinita debbono essere chiusi come cerchi: la fine deve ritrovare l’inizio. Se Orazio prescriveva che l’opera d’arte fosse misurata usque ad unguem dal canone utilizzato, il processo creativo di Klee prevede che la commisurazione lavori anche attraverso il tempo. L’efficacia del suo metodo sta nelle potenzialità del materiale che manipola: l’energia luminosa. Attraverso la legge della figurazione astratta mette mano ai suoi fogli così come al suo progetto esistenziale. Ecco come è possibile comprimere concetti separati in un cristallo semantico come Questa stella insegna a piegarsi. Un frammento delle sue cronache, il valore iniziatico di un episodio, il trascorrere di una vita dedicata alla ricerca formale sono congiunti insieme in un procedimento squisitamente tecnico rappresentativo: la contemplazione di tutto ciò da un fuoco prospettico collocato al di qua dello scorrere del tempo. E questa compressione e sintesi in un unico accadimento avviene nel singolo quadro come nella considerazione dell’intera opera, attraverso il sistema di relazioni che corre fluentemente tra i diecimila titoli, la teoria della forma e gli eventi che hanno segnato la sua biografia spirituale.
Anche Questa stella insegna a piegarsi – o Questa stella insegna la linea curva? Klee gioca spesso con titoli ambivalenti, difficili da apprezzare sino in fondo da chi come me fa fatica col dialetto svizzero tedesco – ha il suo posto in questo periodo di “chiusura di esercizio”. Al posto della scena biblica di Mosè che riceve le tavole della legge al cospetto del roveto ardente la mitologia privata kleeiana descrive in nero su fondo blu elettrico un’iconografia che la sostituisce, così come – è una scoperta che si offre da pochi anni all’interpretazione della cara Repubblica degli studiosi – l’immagine della propria apoteosi nei panni di spirito nuovo, Angelus novus, è stata incollata su di una incisione che rappresenta Martin Lutero.
In questa ennesima icona vivente della sua epopea grafico-esistenziale il sole, la fonte “radioattiva” che ha incenerito l’anima di Vincent van Gogh, dalla quale Klee ha dovuto imparare a proteggersi attraverso riti salvifici, viene salutato come maestro e modello. Non è più il nostro sole, tra lui e Klee ora c’è una distanza cosmica di altro ordine. Questo foglio a colori è un saluto, un riconoscimento, ma soprattutto un addio. Un addio alla valle degli uomini, la gola senza uscita illuminata dal sole tra il monte degli Dei e quello degli animali, e un riconoscimento al sole interiore, “privato”, che ha plasmato la sua opera, fonte originaria della nuova legge, nei meandri della quale trovare un senso del procedere degno di sé stessi. È uno sguardo retrospettivo volto verso una vita intera passata a ridisegnare la propria anima. Oltre quel limite ora l’esistenza è pronta a decadere ancora, per procedere oltre. Ad occhi aperti, possibilmente.